Assegno di mantenimento all’ex coniuge: nuovi risvolti
La Corte di Cassazione ha recentemente rivoluzionato i criteri per la concessione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge, con la notissima sentenza di cui già ci siamo occupati.
Il nuovo orientamento, pur adeguando il diritto ad una società che cambia, non ha mancato di suscitare clamore.
E così mogli illustri hanno invitato i Giudici a considerare le differenze dei singoli casi e mariti altrettanto illustri hanno espresso la propria soddisfazione.
Anche noi abbiamo quindi affrontato l’argomento, esaminando i diversi risvolti della decisione della Corte.
Ricapitoliamo dunque che cosa è cambiato dopo la sentenza della Corte di Cassazione:
- si è abbandonato il vecchio principio del “tenore di vita goduto durante il matrimonio“, usato in precedenza per determinare l’assegno di mantenimento all’ex coniuge;
- d’ora innanzi si applica il principio dell’autosufficienza economica: se il coniuge è in grado di mantenersi da solo non ha diritto ad alcun assegno di mantenimento;
- il Giudice deve calcolare l’importo dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge sulla base delle condizioni economiche dei coniugi e dei rispettivi patrimoni, della durata del matrimonio, delle ragioni del divorzio e del contributo reso dai coniugi alla formazione del patrimonio personale di ciascuno di essi.
Dettati i principi, quindi, sono ora i Tribunali a doverli applicare nei singoli casi.
Saranno infatti i Tribunali che decidono le cause di divorzio ad influire sulla vita degli ex coniugi divorziati.
I Giudici di merito come applicano i nuovi criteri per la determinazione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge?
Tra le diverse sentenze spiccano per autorevolezza quelle del Tribunale di Milano.
I Giudici milanesi hanno subito recepito i nuovi criteri per la determinazione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge.
Il Tribunale di Milano ha infatti negato l’assegno divorzile ad un’ex moglie che guadagnava poco più di 1.000 Euro al mese.
Il Giudice milanese ha infatti ritenuto”adeguato” il reddito della signora a garantirle l’autosufficienza, anche in ragione del contesto sociale in cui viveva.
Il medesimo Tribunale di Milano ha poi concesso l’assegno divorzile ad una ex moglie che non aveva più lavorato dopo la nascita dei figli e che difficilmente avrebbe potuto inserirsi nel mondo del lavoro a 54 anni, dopo il divorzio.
E fin qui, la decisione è perfettamente in linea sia con i criteri dettati dalla Corte di Cassazione, sia con le precedenti sentenze dello stesso Tribunale di Milano.
A fare scalpore è tuttavia la determinazione dell’importo dell’assegno di mantenimento stabilito in quest’ultimo caso dal Tribunale di Milano.
I Giudici meneghini hanno infatti determinato l’assegno di mantenimento per l’ex moglie in 2.500 Euro mensili, confermando l’importo già previsto dal Giudice della separazione.
A ben vedere, tuttavia, la decisione del Tribunale di Milano sembra ancora una volta corretta e ben argomentata.
Il Tribunale di Milano, per determinare l’importo dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge, ha considerato gli elementi indicati dalla legge, valutando quanto segue:
l’assegno di mantenimento è soggetto a tassazione per lei (lordo), mentre il marito lo porta in deduzione dalle tasse;
- l’ex moglie non aveva altri redditi propri;
- la moglie si era dedicata alla famiglia per ben 22 anni, fornendo il proprio apporto personale alla conduzione famigliare;
la rilevante capacità reddituale e patrimoniale del marito.
Il cambio di rotta è tuttavia ancora troppo recente perché ci sia uniformità di giudizi.
Il Tribunale di Roma, infatti, ha deciso in modo opposto rispetto al Tribunale di Milano.
Il Giudice romano ha respinto la domanda di assegno divorzile presentata da una ex moglie, sostenendo che spettasse a lei dimostrare di essere impossibilitata a trovarsi un’occupazione idonea a mantenersi.
Per comprendere il perché di questo variopinto panorama di sentenze, si deve considerare che la Corte di Cassazione ha abbandonato una strada – quella del “tenore di vita”- percorsa per quasi trent’anni.
E’ quindi naturale che le pronunce dei Tribunali, nella prima fase di applicazione dei nuovi principi, siano piuttosto variegate e magari anche in parte contrastanti l’una con l’altra.
Sulla base di queste considerazioni la Corte d’Appello di Genova ha precisato che l’applicazione del nuovo parametro dell’autosufficienza economica dovrà essere effettuata con equità.
Secondo la Corte d’Appello di Genova, dunque, bisognerà valutare caso per caso se integrare con un assegno di mantenimento il reddito di chi ne faccia richiesta.
Nel caso trattato i Giudici hanno confermato nella sentenza di divorzio lo stesso assegno di mantenimento già deciso nella sentenza di separazione dei coniugi.
Detto assegno infatti serviva a mantenere “un certo decoro, richiesto dagli ambienti dalla stessa frequentati, che il suo solo stipendio non sarebbe in grado di assicurare“.
Come sempre saranno dunque i Giudici a dover valutare caso per caso.
Ogni generalizzazione può essere pericolosa, soprattutto in una materia delicata come è il diritto di famiglia.
E’ quindi sempre opportuno rivolgersi ad un avvocato divorzista per poter avere un quadro completo dei propri diritti e doveri.