Separazione e divorzio insieme, dopo la Riforma Cartabia?

separazione e divorzio insieme
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separazione e divorzio insiemeLa  riforma Cartabia ha introdotto importanti cambiamenti nell’ambito del diritto di famiglia, con l’obiettivo di unificare le procedure di separazione, di divorzio e di affidamento dei figli nati da genitori non coniugati e, almeno nelle intenzioni, di abbreviare i tempi processuali.

Ma è davvero così?

Tra le novità che hanno avuto maggiore risonanza vi è la possibilità di presentare domanda di separazione e divorzio nello stesso giudizio.

Dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, spesso mi viene chiesto dai coniugi che si devono separare se oggi sia possibile ottenere la separazione e il divorzio insieme in un unico giudizio.

Per rispondere a questa domanda in modo corretto è doveroso fare alcune premesse. Innanzitutto, la Riforma Cartabia non ha eliminato la separazione e non permette quindi ai coniugi di ottenere direttamente il divorzio.

E’ giusto, inoltre, precisare che la Riforma Cartabia non ha neppure ridotto il tempo che deve decorrere dopo la separazione prima di poter ottenere il divorzio.

Tra la separazione e il divorzio, infatti, devono sempre trascorrere almeno sei mesi, in caso di separazione consensuale e almeno un anno in caso di separazione giudiziale.

Ma allora che cosa è cambiato con la Riforma Cartabia e cosa significa che si possono chiedere la separazione e il divorzio insieme?

Per poter rispondere alla domanda, è innanzitutto necessario operare un distinguo tra il procedimento giudiziale e la procedura per una separazione consensuale.

Riguardo alle differenze tra la separazione consensuale e la separazione giudiziale rimando ad altri post di questo blog per padri.

La procedura giudiziale 

La Riforma Cartabia ha indiscutibilmente previsto che in caso di separazione giudiziale, le parti possano formulare nel medesimo giudizio anche la domanda di divorzio e le relative condizioni (per es. assegno divorzile).

Come già spiegato, tuttavia, tra la separazione e il divorzio devono comunque intercorrere i tempi che sono stati previsti dalla nota riforma cosiddetta del divorzio breve.

E allora come è possibile che nello stesso giudizio si trattino contestualmente sia la domanda di separazione che la domanda di divorzio?

In verità sarebbe più corretto dire che si possono introdurre contestualmente entrambe le domande nello stesso giudizio. Il giudice, infatti, sarà tenuto a trattare prima le domande relative alla separazione e a scadenzare la trattazione delle domande relative al divorzio solo una volta decorso il termine di un anno dalla separazione giudiziale.

Con la conseguenza che, anche se la domanda sarà formulata in un unico giudizio, in realtà la trattazione avverrà in due diverse fasi, esattamente come avviene quanto i giudizi sono separati.

La domanda di divorzio, infatti, diverrà procedibile solo nel momento in cui sarà divenuta definitiva la sentenza di separazione e dopo che sarà trascorso il termine di un anno dalla prima udienza di trattazione.

Cosa accade se la procedura è consensuale ?

Con sentenza n. 28727 pubblicata ieri, 16 ottobre 2023, la Corte di Cassazione, sollecitata dal Tribunale di Treviso, ha pronunciato il principio di diritto secondo il quale “è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio“, ponendo fine al dibattito che ha diviso i Tribunali sin dall’entrata in vigore della Riforma Cartabia.

La tesi sposata dalla Corte di Cassazione  secondo la quale, anche in caso di separazione consensuale le parti possono depositare un ricorso che contempli già anche la domanda di divorzio è stata da subito adottata da alcuni tribunali italiani (Genova, Milano, Vercelli, Lamezia Terme, Bergamo, Brescia,  per citarne alcuni), secondo i quali la legge non opera alcun distinguo tra la procedura consensuale e quella giudiziale, lasciando intendere che il cumulo delle domande sia proponibile in entrambi i casi.

La tesi opposta sosteneva che, in caso di accordo dei coniugi, non fosse possibile trattare in un unico giudizio la separazione consensuale e il divorzio congiunto.

A sostegno di tale posizione, il Tribunale di Firenze, Bari e Padova, per citarne alcuni, menzionava la copiosa giurisprudenza, che ha ritenuto da sempre invalidi gli accordi stipulati dai coniugi in sede di separazione, volti a regolare le condizioni di un futuro divorzio.

Ritenevano, infatti, i fautori di tale tesi che i coniugi non siano in grado di prevedere, già al momento in cui contrattano i termini della separazione, quali saranno le reciproche condizioni nel momento in cui le stesse potranno discutere i termini del divorzio.

La questione risolta ieri con un principio di diritto, lascia tuttavia aperte alcune domande.

Cosa accade se dopo la separazione cambiano le condizioni che avevano generato gli accordi anche divorzili?

Se tra la separazione e il momento in cui potrà essere trattata la domanda congiunta divorzile dovessero mutare i presupposti che avevano dato origine agli accordi, le condizioni pattuite dai coniugi dovranno evidentemente essere rivisitate.

Ciò può accadere sotto diversi profili.

Potrebbe, per esempio, cambiare la condizione economico/reddituale di uno dei coniugi, comportando la revisione dell’eventuale assegno di mantenimento posto a suo carico, oppure a suo favore.

Il coniuge collocatario dei figli potrebbe avere l’esigenza di cambiare città, oppure potrebbero essere mutate le modalità di visita del coniuge che non vive con i bambini, oppure i figli maggiorenni potrebbero essersi resi economicamente indipendenti .

Poiché le vicende processuali dei coniugi si innestano necessariamente all’interno di rapporti continuamente in divenire, è evidente che il mutare della situazione che aveva indotto i coniugi, sei mesi prima, a prendere accordi ritenuti allora coerenti, dovrà riverberarsi sugli accordi stessi, consentendo di richiederne la modifica.

In tal caso però, ove le parti non fossero in grado di ritrovare un altro punto d’incontro, quello che era stato definito in origine come un divorzio congiunto ben potrebbe tramutarsi in un divorzio giudiziale, aprendo un contenzioso che, al momento della separazione, i coniugi avevano sperato di evitare.

Dopo la separazione, i coniugi  possono revocare il consenso alle condizioni già pattuite per il divorzio?

La Corte di Cassazione, riprendendo un filone giurisprudenziale consolidato, nega tale possibilità.

Le pattuizioni divorzili hanno, infatti, natura negoziale non sono soggette al ripensamento unilaterale, che non sia supportato dal mutamento delle circostanze che avevano indotto le parti a definire le condizioni dell’accordo.

Spetterà comunque al Tribunale verificare che i termini dell’accordo non siano contrari a norme inderogabili o in contrasto con l’interesse dei figli minori.

Traiamo qualche conclusione

Se la Riforma Cartabia abbia davvero semplificato  il percorso legale che i coniugi devono affrontare o ne abbia ridotto i costi, dunque, lo si potrà comprendere solo dopo averne sperimentato l’applicazione.

Certo è che il legislatore ha perso un’altra occasione per evitare il doppio giudizio (separazione e divorzio) e semplificare davvero la procedura che i coniugi devono affrontare per porre termine al matrimonio.

Suggerisco comunque sempre a chi si trovi nella condizione di doversi separare, di rivolgersi ad un avvocato divorzista esperto in diritto di famiglia, per ottenere tutte le informazioni del caso e per decidere in modo ponderato se convenga presentare nello stesso ricorso sia la domanda di separazione che quella di divorzio.

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