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Ho vintoHo vinto!

E’ triste ma ho dovuto vincere.

E quindi hanno perso tutti, ma io ho vinto.

No. In realtà non ho vinto Io.

Ha vinto l’Avvocato Elena Angela Sestini.

Ha vinto il mio Ego. Ha vinto il mio curriculum.

Non io. Non Elena. Io so bene di non aver vinto.

Ho  fatto bene il mio dovere e ho ottenuto un successo professionale, ma non ho vinto niente e nessuno mi darà mai un premio.

Nel mio campo non c’è vittoria che possa ripagare davvero lo scempio della battaglia. Ecco perché Io non ho vinto.

Quella che sembra una vittoria, in realtà è solo l’inizio di nuove battaglie che lasceranno sul campo altri morti e feriti soprattutto tra i civili. Fuor di metafora, i bambini.

Per questo non c’è vittoria che valga un armistizio.

L’avvocato divorzista deve sempre tentare di negoziare la pace.

Anche a costo di spendere ore e ore a discutere, trattare, spiegare, per accompagnare il suo assistito verso un accordo.

Ed è per questo che impegno tutte le mie energie per investire sull’unica vittoria: la pace.

Ci si può separare e tornare a vivere, garantendo serenità e pace anche ai propri figli.

Di solito prima di arrivare alla pace si sperimenta un armistizio, un periodo di tempo in cui entrambe le parti in causa si mostrano, spavalde, le proprie armi e le tengono silenti, ma ben puntate l’una sull’altra.

Spesso se si arriva all’armistizio poi è possibile negoziare e siglare la pace.

Spesso. Ma non sempre.

E allora le armi sparano sui sentimenti dei grandi e dei piccini, facendo scempio di ogni buon senso.

Nessuno vince questa guerra, tranne uno degli avvocati coinvolti.

L’avvocato, ho detto! Ma anche quando quell’avvocato è l’avvocato Elena Angela Sestini, non sono io.

Io sono Elena, con la mia personalità di donna, moglie, mamma.

L’avvocato è la mia proiezione olografica con la toga (nemmeno, per la verità, visto che in questa materia s’indossa solo di rado).

L’avvocato è la figura professionale tecnica e spersonalizzata che, nell’ambito di un processo, sostiene una delle due parti coinvolte e l’aiuta a vincere la guerra.

La persona, l’essere umano che fa l’avvocato di professione, invece, deve fare ben altro per il suo assistito.

“Assistito”, prima che “cliente”.

Il primo significato del verbo “assistere” è “aiutare, confortare con la propria presenza e partecipazione”.

E ciò dice tutto sul ruolo dell’avvocato. Soprattutto dell’avvocato divorzista.

Sì, è vero, anche il mio assistito dice “Ho vinto!”

Ma lui, in realtà, ha perso molto in questa guerra. Eppure crede di aver vinto suo figlio.

In realtà ha solo ottenuto l’opportunità di crescerlo.

Ha vinto una vita da organizzare tra scuola e lavoro, nonni, baby sitter, sport.

Ha vinto il compito di aiutarlo a superare i problemi con una madre alla quale proprio lui ha sparato con tutte le armi che aveva.

Ha vinto le difficoltà quotidiane di crescere un figlio traumatizzato dalla guerra tra i genitori, mentre la guerra continua.

Ha vinto l’opportunità di parlargli bene di una madre con la quale lui stesso non vorrebbe più aver nulla a che fare, di aiutarlo a vederne i lati positivi in modo che possa stare con lei volentieri, di aiutarlo a riabilitarla dentro di sé.

Ogni essere umano si porta dentro di sé i propri genitori. La mamma resta sempre la mamma.

Quel bambino che il mio cliente pensa di aver ottenuto in premio, dovrà poter guarire il rapporto con la mamma, per evitare che lo divori dall’interno.

Ha vinto anche la possibilità di essere un grande genitore, a prescindere da ciò che farà l’altro genitore di suo figlio.

E allora sì che vincerà davvero suo figlio.

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affidamento condivisoL’affidamento condiviso nasce dal principio della bigenitorialità, secondo il quale ogni bambino ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori anche se questi siano separati, divorziati o abbiano comunque interrotto la loro convivenza.

In quest’ottica, l’affidamento condiviso garantisce al minore di poter continuare ad avere un rapporto significativo con entrambi i genitori, anche dopo la loro separazione ed impone ai genitori di condividere le scelte più importanti relative alla cura, alla salute ed all’educazione dei propri figli.

L’affidamento condiviso, dalla riforma del diritto di famiglia del 2006, è il regime di affidamento prioritario e prevalente.

Entrambi i genitori, dunque, ormai, anche dopo la separazione o il divorzio, mantengono pari responsabilità genitoriali, pari diritti e pari doveri.

Solo se il Giudice dovesse ritenere l’affidamento condiviso contrario all’interesse del minore, potrà decidere di dare l’affidamento esclusivo ad uno solo dei due genitori, escludendo, in tal modo, l’altro genitore dalle scelte più importanti per la vita del bambino.

L’affidamento condiviso non comporta, tuttavia, che i figli vivano metà del tempo con un genitore e metà con l’altro.

La riforma del diritto di famiglia ha infatti introdotto il concetto di genitore collocatario, per distinguere il genitore che vive prevalentemente con i figli dall’altro genitore.

Sebbene si sia ormai portati, nei limiti del possibile a dare sempre maggior spazio al genitore non collocatario, è pur vero che difficilmente i figli possono trascorrere esattamente metà della settimana con un genitore e metà con l’altro.

Ragion per cui la maggior parte dei Tribunali si sono orientati nel continuare a prevedere, a carico del genitore non collocatario, il contributo al mantenimento dei figli.

Nei procedimenti che riguardano l’affidamento dei figli, dunque, il Giudice, nell’esclusivo interesse dei figli minori deciderà per l’affidamento condiviso ovvero, solo se contrario all’interesse del minore, per l’affidamento esclusivo.

Il Giudice dovrà altresì decidere quale dei due genitori debba essere il genitore collocatario, e regolare i rapporti del genitore non collocatario con i bambini in modo da tutelare il loro diritto alla bigenitorialità.

La complessità delle vicende famigliari e la necessità di avvalersi di un’adeguata consulenza per conoscere le peculiarità del proprio caso, suggeriscono comunque sempre di affidarsi ad un avvocato divorzista esperto in diritto di famiglia ed in affidamento dei minori.

Avv. Elena Angela Sestini

Avvocato Elena Angela Sestini Linkedin

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affidamento condivisoL’ affidamento condiviso va garantito in concreto !

Questo è il nocciolo di una recente sentenza del Tribunale di Milano, chiamato a decidere  una controversia tra genitori separati con affidamento condiviso dei figli.

Spesso è difficile, per chi si appresta a separarsi, comprendere in cosa si traduca nella vita quotidiana l’affidamento condiviso, considerato che uno dei due genitori, il cosiddetto genitore collocatario, continuerà a vivere con i minori anche dopo la separazione, mentre l’altro genitore dovrà accontentarsi delle visite, concordate o decise dal Tribunale (a seconda che si tratti di separazione consensuale o giudiziale).

Esattamente come accadeva con l’affidamento esclusivo, prima della riforma.

In realtà, con l’affidamento condiviso entrambi i genitori mantengono intatto l’esercizio della propria responsabilità genitoriale anche dopo la separazione, tanto da poter prendere in autonomia le decisioni della quotidianità che riguardano i bambini ma da doversi confrontare per concordare le decisioni più rilevanti (la scelta della scuola, una cura particolare, il cambio di residenza, ecc…).

Lo scopo della riforma è garantire ai figli di genitori separati di continuare ad avere due genitori che siano tali a pieno titolo.

Proprio per questo motivo, il Tribunale di Milano ha chiaramente indicato la via da seguire nella gestione quotidiana dei figli, per garantire che l’affidamento sia effettivamente condiviso.

Le riforme che il diritto di famiglia ha vissuto nell’ultimo decennio, infatti, sono volte a garantire che i bambini mantengano con entrambi i genitori ed i relativi rami parentali, un rapporto significativo e continuativo, anche dopo la separazione dei genitori.

Ma come si attua in concreto l’affidamento condiviso?

In caso di disaccordo tra i genitori sulla gestione dei figli, il genitore non collocatario dovrà essere preferito al genitore collocatario.

Il Tribunale di Milano, cogliendo pienamente lo spirito della legge, nel dirimere un conflitto tra genitori, ha deciso di privilegiare il genitore non collocatario che chieda di poter trascorrere del tempo supplementare con i figli minori, proprio allo scopo di garantire ai figli la possibilità di godersi del tempo di qualità anche con il genitore con cui non condividono buona parte della propria quotidianità.

Il genitore collocatario, infatti, ha il vantaggio di poter vivere i momenti più disparati della quotidianità con i propri figli, dalla colazione al momento del sonno, dal tempo libero alla gestione delle attività sportive, dai compiti scolastici ai giochi con gli amici.

Il genitore non collocatario, al contrario, ha la possibilità di stare con loro solo in momenti organizzati e prestabiliti con gli incontri programmati.

La decisione del Tribunale di Milano, quindi, risponde all’esigenza di consentire una maggiore pienezza dell’affidamento condiviso, nell’ottica di garantire ai figli il diritto di mantenere un rapporto significativo con entrambi i genitori.

E’ tuttavia evidente, d’altro canto, che il Tribunale non potrà essere chiamato a decidere su ogni piccola questione relativa ai rapporti quotidiani tra i genitori ed i figli e sarà sempre più importante, quindi, che i genitori acquisiscano la capacità di superare i propri contrasti nell’interesse esclusivo dei figli.

In quest’ottica sarà importante, soprattutto per il genitore non collocatario, da un lato, mettere in chiaro i propri diritti, con l’aiuto di un avvocato divorzista esperto in diritto di famiglia e, dall’altro, tentare di mantenere, per quanto possibile, un rapporto di collaborazione con l’altro genitore, senza tuttavia rinunciare mai ai propri diritti e doveri genitoriali.