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Festa della donnaOggi è il giorno della festa della donna.

Nel giorno della festa della donna, da donna avvocato, mi sento di condividere alcune riflessioni.

Una donna può essere mamma, moglie, compagna, amica  e anche professionista, manager, imprenditrice.

Tutto ciò senza smettere di essere donna.

Esattamente come accade agli uomini.

Le donne sono certamente diverse dagli uomini, ma non migliori o peggiori, non superiori o inferiori.

Gli esseri umani, uomini o donne che siano, prima SONO e poi FANNO.

Non deve quindi più accadere che un uomo possa impedire ad una donna di fare il lavoro che desidera o di ricoprire il ruolo per il quale si sente portata.

Allo stesso modo, tuttavia, non deve accadere il contrario.

Una mamma non è un genitore migliore di un papà.

E’ solo un genitore diverso.

Nel momento in cui, da donna, esigo rispetto per i diversi ruoli che ho scelto di ricoprire, mi sento in dovere di rispettare chi, da uomo, fa la medesima scelta.

Io posso scegliere di fare l’avvocato, senza per questo smettere di essere donna e di essere moglie e mamma.

Allo stesso modo un uomo deve poter scegliere di fare il papà, senza per questo dover smettere di essere uomo, marito o manager, professionista o imprenditore.

Il giorno della festa della donna è un giorno che ci ricorda quanto possano essere falsi e limitanti gli stereotipi e quanto sia importante scardinare la gabbia del pregiudizio.

La vera conquista vi sarà quando ogni essere umano potrà davvero realizzare le proprie aspirazioni, senza distinzioni di sesso.

Grazie anche alle battaglie femministe del secolo scorso ed ai progressi recepiti dal diritto, una donna manager, professionista, imprenditrice o calciatrice oggi ha certamente più chance di realizzarsi e fare carriera.

La festa della donna è una festa della parità dei sessi, anche a vantaggio degli uomini nell’ambito della famiglia.

Così come il mondo del lavoro non deve in nessun ambito ed in nessun ruolo essere precluso alle donne, allo stesso modo la famiglia non può e non deve essere appannaggio esclusivo della donna.

Un uomo che sacrifica le proprie ambizioni di carriera per la famiglia e per i figli oggi fa ancora parte di una minoranza.

Non per questo, tuttavia, a quell’uomo deve essere precluso il riconoscimento del proprio ruolo di padre.

Esattamente come una donna manager in un settore tipicamente maschile ha diritto di veder riconosciuti i propri meriti e di fare carriera con le medesime chance di un uomo.

Ancora oggi, invece, il ruolo paterno fatica ad essere riconosciuto all’interno della famiglia e le separazioni diventano occasione di battaglia per garantire la parità dei diritti genitoriali.

Il giorno della festa della donna, dunque, io rendo omaggio alla vera parità dei sessi o meglio, all’uguaglianza dei diritti di tutti gli esseri umani.

Trovo difficile che le donne possano davvero ottenere il riconoscimento della parità rispetto agli uomini nei settori tradizionalmente ritenuti maschili se, a propria volta, non sono disposte a riconoscere la parità degli uomini nei settori tradizionalmente ritenuti femminili.

Una donna a capo di un’azienda è una conquista della parità dei sessi, quanto lo è un padre al quale viene riconosciuto il ruolo di genitore di riferimento nell’ambito della famiglia.

E’ solo una questione di vocazione, non certo di sesso.

Gli uomini hanno ancora un po’ di strada da fare verso la parità dei sessi in famiglia.

Se, tuttavia, il movimento per i diritti delle donne ha radici ormai antiche ed ha ottenuto importanti vittorie sul campo, il movimento per i diritti degli uomini all’interno della famiglia è ancora molto giovane.

Sono certa che il riconoscimento dei diritti degli uomini nell’ambito della famiglia sia uno scatto di civiltà, anche a favore delle donne.

Rendere gli esseri umani liberi dagli stereotipi e lasciare che possano inseguire i propri sogni, indipendentemente da ogni differenza, è uno scatto di civiltà.

La differenza è un valore ed un’opportunità. Un plus, non un minus.

A chi mi chiede perché mi propongo spesso, come avvocato divorzista, di assistere gli uomini, quindi, rispondo che in questo modo, in realtà, io difendo anche le donne.

 

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Ho vintoHo vinto!

E’ triste ma ho dovuto vincere.

E quindi hanno perso tutti, ma io ho vinto.

No. In realtà non ho vinto Io.

Ha vinto l’Avvocato Elena Angela Sestini.

Ha vinto il mio Ego. Ha vinto il mio curriculum.

Non io. Non Elena. Io so bene di non aver vinto.

Ho  fatto bene il mio dovere e ho ottenuto un successo professionale, ma non ho vinto niente e nessuno mi darà mai un premio.

Nel mio campo non c’è vittoria che possa ripagare davvero lo scempio della battaglia. Ecco perché Io non ho vinto.

Quella che sembra una vittoria, in realtà è solo l’inizio di nuove battaglie che lasceranno sul campo altri morti e feriti soprattutto tra i civili. Fuor di metafora, i bambini.

Per questo non c’è vittoria che valga un armistizio.

L’avvocato divorzista deve sempre tentare di negoziare la pace.

Anche a costo di spendere ore e ore a discutere, trattare, spiegare, per accompagnare il suo assistito verso un accordo.

Ed è per questo che impegno tutte le mie energie per investire sull’unica vittoria: la pace.

Ci si può separare e tornare a vivere, garantendo serenità e pace anche ai propri figli.

Di solito prima di arrivare alla pace si sperimenta un armistizio, un periodo di tempo in cui entrambe le parti in causa si mostrano, spavalde, le proprie armi e le tengono silenti, ma ben puntate l’una sull’altra.

Spesso se si arriva all’armistizio poi è possibile negoziare e siglare la pace.

Spesso. Ma non sempre.

E allora le armi sparano sui sentimenti dei grandi e dei piccini, facendo scempio di ogni buon senso.

Nessuno vince questa guerra, tranne uno degli avvocati coinvolti.

L’avvocato, ho detto! Ma anche quando quell’avvocato è l’avvocato Elena Angela Sestini, non sono io.

Io sono Elena, con la mia personalità di donna, moglie, mamma.

L’avvocato è la mia proiezione olografica con la toga (nemmeno, per la verità, visto che in questa materia s’indossa solo di rado).

L’avvocato è la figura professionale tecnica e spersonalizzata che, nell’ambito di un processo, sostiene una delle due parti coinvolte e l’aiuta a vincere la guerra.

La persona, l’essere umano che fa l’avvocato di professione, invece, deve fare ben altro per il suo assistito.

“Assistito”, prima che “cliente”.

Il primo significato del verbo “assistere” è “aiutare, confortare con la propria presenza e partecipazione”.

E ciò dice tutto sul ruolo dell’avvocato. Soprattutto dell’avvocato divorzista.

Sì, è vero, anche il mio assistito dice “Ho vinto!”

Ma lui, in realtà, ha perso molto in questa guerra. Eppure crede di aver vinto suo figlio.

In realtà ha solo ottenuto l’opportunità di crescerlo.

Ha vinto una vita da organizzare tra scuola e lavoro, nonni, baby sitter, sport.

Ha vinto il compito di aiutarlo a superare i problemi con una madre alla quale proprio lui ha sparato con tutte le armi che aveva.

Ha vinto le difficoltà quotidiane di crescere un figlio traumatizzato dalla guerra tra i genitori, mentre la guerra continua.

Ha vinto l’opportunità di parlargli bene di una madre con la quale lui stesso non vorrebbe più aver nulla a che fare, di aiutarlo a vederne i lati positivi in modo che possa stare con lei volentieri, di aiutarlo a riabilitarla dentro di sé.

Ogni essere umano si porta dentro di sé i propri genitori. La mamma resta sempre la mamma.

Quel bambino che il mio cliente pensa di aver ottenuto in premio, dovrà poter guarire il rapporto con la mamma, per evitare che lo divori dall’interno.

Ha vinto anche la possibilità di essere un grande genitore, a prescindere da ciò che farà l’altro genitore di suo figlio.

E allora sì che vincerà davvero suo figlio.

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affidamento condivisoL’affidamento condiviso nasce dal principio della bigenitorialità, secondo il quale ogni bambino ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori anche se questi siano separati, divorziati o abbiano comunque interrotto la loro convivenza.

In quest’ottica, l’affidamento condiviso garantisce al minore di poter continuare ad avere un rapporto significativo con entrambi i genitori, anche dopo la loro separazione ed impone ai genitori di condividere le scelte più importanti relative alla cura, alla salute ed all’educazione dei propri figli.

L’affidamento condiviso, dalla riforma del diritto di famiglia del 2006, è il regime di affidamento prioritario e prevalente.

Entrambi i genitori, dunque, ormai, anche dopo la separazione o il divorzio, mantengono pari responsabilità genitoriali, pari diritti e pari doveri.

Solo se il Giudice dovesse ritenere l’affidamento condiviso contrario all’interesse del minore, potrà decidere di dare l’affidamento esclusivo ad uno solo dei due genitori, escludendo, in tal modo, l’altro genitore dalle scelte più importanti per la vita del bambino.

L’affidamento condiviso non comporta, tuttavia, che i figli vivano metà del tempo con un genitore e metà con l’altro.

La riforma del diritto di famiglia ha infatti introdotto il concetto di genitore collocatario, per distinguere il genitore che vive prevalentemente con i figli dall’altro genitore.

Sebbene si sia ormai portati, nei limiti del possibile a dare sempre maggior spazio al genitore non collocatario, è pur vero che difficilmente i figli possono trascorrere esattamente metà della settimana con un genitore e metà con l’altro.

Ragion per cui la maggior parte dei Tribunali si sono orientati nel continuare a prevedere, a carico del genitore non collocatario, il contributo al mantenimento dei figli.

Nei procedimenti che riguardano l’affidamento dei figli, dunque, il Giudice, nell’esclusivo interesse dei figli minori deciderà per l’affidamento condiviso ovvero, solo se contrario all’interesse del minore, per l’affidamento esclusivo.

Il Giudice dovrà altresì decidere quale dei due genitori debba essere il genitore collocatario, e regolare i rapporti del genitore non collocatario con i bambini in modo da tutelare il loro diritto alla bigenitorialità.

La complessità delle vicende famigliari e la necessità di avvalersi di un’adeguata consulenza per conoscere le peculiarità del proprio caso, suggeriscono comunque sempre di affidarsi ad un avvocato divorzista esperto in diritto di famiglia ed in affidamento dei minori.

Avv. Elena Angela Sestini

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